Continua l’impegno europeo per l’emergenza plastica con il nuovo incontro della Commissione


Negli ultimi anni l’Unione Europea si è particolarmente concentrata sul tema dell’inquinamento dei mari e delle spiagge causato soprattutto dall’uso sempre più diffuso della plastica monouso. Con l’obiettivo di limitare questo fenomeno, infatti, la Commissione Europea si è recentemente riunita a Bruxelles per vagliare nuove misure che includono la messa al bando delle dieci categorie di prodotti plastici che si trovano più comunemente nei mari e sulle spiagge europee. Tra questi prodotti si trovano per esempio le posate e i piatti di polistirolo, le cannucce, i bastoncini cotonati per le orecchie e i bicchierini usa-e-getta. In occasione di questo incontro, inoltre, la Commissione ha selezionato i nuovi obiettivi che i 28 Stati Membri dovranno raggiungere entro il 2025, tra cui sono previsti il riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani, la riduzione del ricorso alle discariche (fino a un massimo del 10%), il riciclo del 65% degli imballaggi e, infine, la raccolta separata dei rifiuti tessili, dei rifiuti pericolosi e di quelli biodegradabili. 

Riciclo degli imballaggi in plastica: aumenta l’impegno in Italia


Negli ultimi anni il livello di attenzione in Italia verso i temi della sostenibilità è sicuramente aumentato e gli italiani stanno in misura sempre maggiore adottando misure che comportino un minor impatto sull’ambiente. Molta strada rimane da fare, soprattutto riguardo l’utilizzo di materiali plastici nella produzione di imballaggi, ma anche in questo contesto ci sono dei segnali di miglioramento: secondo l’ultimo rapporto Corepla, nel 2017 sono circa 7.000 i Comuni attivi nel servizio di raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, che fanno registrare un +11% nelle quantità conferite al consorzio rispetto al 2016. Sono 586.786 le tonnellate di imballaggi in plastica riciclati e 324.480 quelle avviate a recupero energetico. Inoltre, secondo Corepla, il dato medio nazionale di raccolta differenziata pro capite passa da 15,8 a 17,7 kg annui per abitante, con Sardegna, Valle d’Aosta e Veneto a guidare la classifica. Aumentano al contempo i casi di aziende e catene industriali che hanno iniziato a cercare soluzioni alternative, come per esempio il caso delle gelaterie Grom che offrono coppette compostabili. Questo impegno su più fronti potrebbe aiutare l’Italia a raggiungere dell’obiettivo fissato per il 2020 che prevede di ridurre a zero la percentuale di imballaggi in plastica che finiscono in discarica.    

L’enzima mangia-plastica: è questa la nuova scoperta per la lotta contro l’inquinamento dei mari


L’emergenza plastica ha portato negli ultimi anni gli scienziati e i ricercatori a trovare soluzioni innovative ed efficienti per incrementare il processo di smaltimento dei rifiuti plastici, così come a cercare nuove tecnologie per fermare l’allargarsi della famosa Isola di Plastica (GPGP) presente nel Pacifico. Recentemente un nuovo studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale – formato da esperti di Università di Portsmouth (Uk), Biotechnology and Biological Sciences Research Council (Kk) e National Renewable Energy Laboratory (Usa) – ha scoperto, in modo quasi accidentale, un enzima capace di digerire il polietilene tereftalato (PET). La scoperta è avvenuta durante uno studio mirato a determinare la struttura della PETase – un enzima capace di distruggere il PET- quando i ricercatori hanno inavvertitamente ingegnerizzato l’enzima trasformandolo in un altro migliore allo scopo. Potrebbe dunque essere questo un utile strumento per lo smaltimento dei rifiuti e per la pulizia delle acque oceaniche. Il team si sta ora impegnando per ottimizzare la struttura di questo enzima e per consentirne l’utilizzo su larga scala. 

Ecco i nuovi dati sull’Isola di Plastica


I risultati dello studio triennale sulla Great Pacific Garbage Patch (GPGP) – realizzato da 16 ricercatori internazionali e pubblicato dal Journal Scientific Reports- hanno svelato le proporzioni reali e la composizione dell’isola di plastica che sta attualmente inquinando gli oceani. I ricercatori hanno infatti confermato che il GPGP è costituito da circa 80 milioni di chilogrammi di detriti plastici galleggianti di varie dimensioni e forme, costituiti principalmente da polietilene e polipropilene, e copre una superficie di dimensioni tre volte superiori a quella della Francia continentale. Inoltre, gli esperti hanno sottolineato l’urgenza della situazione, soprattutto analizzando i risultati riguardanti la concentrazione di microplastiche nell’area – 1.8 trilioni di pezzi- che si stima che aumenterà ulteriormente di 30 volte per un totale di circa 50 trilioni di particelle. Infine, i ricercatori hanno rimarcato la necessità di agire rapidamente, attuando misure internazionali sostanziali nel prossimo decennio, con l’obiettivo di arrestare il crescente afflusso di rifiuti di plastica negli oceani. In aggiunta, hanno anche suggerito di sostenere iniziative di rimozione, come la pulizia delle coste e degli oceani, per le plastiche esistenti che si accumulano negli oceani e minacciano il benessere della fauna oceanica.

Plastica: Il crescente inquinamento degli oceani


Secondo uno studio pubblicato dalla fondazione Ellen MacArthur, nel 2050 ci sarà più plastica che pesce negli oceani. Il fenomeno sempre crescente dell’inquinamento oceanico dovuto alla plastica ha iniziato ad allarmare sempre di più i governi e le associazioni ambientaliste, tanto che Lisa Svensson – coordinatrice del programma degli ecosistemi marini e costieri dell’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) – ha inserito questo fenomeno tra le “crisi planetarie”. Infatti, tra bottiglie, imballaggi e altri rifiuti, sono oltre 8 milioni le tonnellate di plastica che ogni anno vengono riversati in mare. Per fare fronte a questa situazione di emergenza, molti Paesi hanno iniziato ad elaborare leggi che aboliscano l’utilizzo di imballaggi e prodotti usa e getta composti in gran parte da plastiche. Tra questi c’è anche l’Italia che, successivamente all’abolizione delle buste di plastica nei supermercati, ha esteso questo divieto anche ai sacchetti utilizzati nella vendita al dettaglio di frutta e verdura, sostituiti da omologhi biodegradabili.